Questa è la relazione di Jim Pollard, che si occupa di riabilitazione e nello specifico di malati di Corea di Huntington da moltissimi anni. Lavora in un centro che accoglie solo questi pazienti nella fase media e avanzata e ci insegna in che modo mantenere il più a lungo possibile la comunicazione con loro. E’ importante coinvolgerli nelle cose, è importante capire il loro modo diverso di comunicare e soprattutto non lasciarsi fuorviare da falsi messaggi che la malattia, e non il paziente, ci lancia. Le prime regole da seguire sono:
- ANDARE PER GRADI
- CONDIVIDERE I MOMENTI E NON SOLO LE ATTIVITA’ NECESSARIE
- FARE DELLE COSE INSIEME AL MALATO E NON SOLO PER LUI
- MANTENERE LA CONVERSAZIONE IL PIU’ POSSIBILE
I problemi di comunicazione sono frustranti sia per il malato che per chi si occupa di lui. E’ difficile coinvolgere il malato, entrambi provano in senso di perdita e di separazione, anche quando si capiscono. E’ importante analizzare il PERCHE’ di questa difficoltà. Le ragioni principali sono 3:
- LO "SFALSAMENTO" DELLA COREA DI HUNTINGTON
- LO "SFASAMENTO", IL RITARDO DELLA COREA DI HUNTINGTON
- VIVERE OGNI 10 MINUTI
LO "SFALSAMENTO" DELLA COREA DI HUNTINGTON
Le cause di questa "maschera" che la Corea di Huntington mette al paziente sono:
- Distonia: i muscoli facciali del paziente non sono più del tutto sotto il suo controllo e le sue espressioni possono non corrispondere ai suoi stati d’animo. Dall’apparenza può sembrare che non ascolti o che non abbia capito quando invece è così.
- I problemi a tener chiusa la bocca danno spesso al paziente l’aria svagata di chi non è interessato all’argomento e questa immagine è fuorviante per chi gli parla, che ha l’impressione di non essere ascoltato.
- Molti pazienti "pendono da un lato" la loro distonia fa loro assumere una postura leggermente storta, a spalle alzate, che anch’essa rafforza l’impressione che stiano sulle spine, abbiano fretta di andarsene o che "tollerino" la presenza dell’interlocutore. A volte tengono anche la testa bassa, ma attenzione: questo cambiamento di atteggiamento è FISICO, non PSICHICO.
- I malati di Corea di Huntington, per la sopra citata distonia, faticano a mantenere il sorriso. Anche questo non significa che non "vogliano" sorridere o che le cose che dite non li divertano, a volte il sorriso si spegne troppo presto o arriva in ritardo loro malgrado.
Tutto questi fattori fanno mal interpretare all’interlocutore l’atteggiamento del malato, che sa di essere equivocato, ma non sa come proteggersi dai cambiamenti del proprio corpo. Deve essere l’interlocutore a capire ed adattarsi al cambiamento.
LO "SFASAMENTO", IL RITARDO DELLA COREA DI HUNTINGTON
I pazienti affetti da Corea di Huntington reagiscono in ritardo agli stimoli. Questo non significa che la reazione non ci sia, ma spesso noi, abituati ai nostri ritmi "normali" non facciamo in tempo ad accorgercene. Ecco alcune ragioni:
- La Corea di Huntington provoca un ritardo nel processare ed organizzare le informazioni. I malati hanno bisogno di qualche istante in più per elaborare i loro pensieri, e spesso l’interlocutore non ha la pazienza di aspettare questo breve intervallo.
- Ovviamente questo ritardo è il peggior nemico di una conversazione, perché noi siamo abituati ai ritmi di una conversazione fluente e continua, non continuamente intervallata, e ci arrendiamo troppo presto. Il malato non può farci nulla, noi sì: possiamo imparare a rallentare i nostri ritmi adattandoli ai nuovi ritmi del malato.
- Quando facciamo una domanda al malato spesso lui non risponde. Non rispondere non significa "no". Non rispondere non significa "non ho capito". Non rispondere significa "dammi un momento per organizzare i pensieri e mettere insieme una risposta".
- I pazienti di Corea di Huntington sono ansiosi, non sanno aspettare, vogliono tutto e subito. Noi invece dobbiamo imparare ad aspettare, ad essere tempestivi nel rispondere loro e dar loro il tempo per rispondere a noi.
- Spesso per via di questi disguidi a causa del ritardo che la loro mente si prende, i malati temono di fare nuove conoscenze ed amicizie.
VIVERE OGNI 10 MINUTI
Come si può imparare a capire il modo di vivere e di vedere le cose di un malato di Corea di Huntington?
- I malati sembrano interessati solo in ciò che sta avvenendo in quel preciso istante. Non sembrano avere alcun interesse nei programmi per il futuro, fosse anche un futuro molto vicino, quello stesso pomeriggio o il giorno dopo.
- Quando chiedono una cosa la vogliono immediatamente, se si promette loro qualcosa desiderano che avvenga subito, non vogliono aspettare.
- Questi malati vivono la loro vita come se si dovesse svolgere tutta nei prossimi 10 minuti. Importa il presente, per loro, anche se ricordano il passato, e si disinteressano del futuro.
- Da questa perdita del senso del tempo si può trarre un grande vantaggio: è un modo per coinvolgerli davvero. Basta focalizzarsi sul presente, coinvolgerli in quanto sta avvenendo proprio in quei 10 minuti o che avverrà tra un minuto o due. Reagiranno con entusiasmo a ogni stimolo in questo senso.
Quindi, in concreto, cosa si può fare?
- mantenere una strettissima routine. I malati amano la routine, gli orari fissi, le abitudini rispettati. Loro per primi sono degli osservatori scrupolosi delle regole, non importa quante siano e in che arco di tempo si svolgano. Giornalmente, settimanalmente, mensilmente o annualmente fate loro ritrovare tutti i punti fermi, e su questi punti fermi loro ordineranno il loro universo, parteciperanno alle attività con maggior entusiasmo, aspetteranno la prossima scadenza e resteranno coinvolti nella vita di tutti i giorni. I cambiamenti li confondono molto, quindi vanno fatti con la maggior gradualità possibile. Ma attenzione: routine non significa rigidità, di solito è il malato per primo a stabilire la propria routine, all’interno della quale è possibile portare variazioni piccole e piacevoli per tutti.
- Quando vi rivolgete a loro focalizzate le vostre richieste e la conversazione proprio su quell’arco di dieci minuti che il malato sta vivendo, quindi su cosa sta facendo o sta per fare, come intende farlo, cosa gli piace o gli interessa di più…
- Imparate a fare domande sequenziali, non domande isolate e slegate. Per esempio: "Per che squadra tifi? Quale giocatore ti piace di più? Ti ricordi quella partita…?". Domande legate allo stesso argomento che quindi seguano il filo di un ragionamento e non creino confusione al malato. Fate domande che possano avere più risposte, non solo domande che comportino un sì o un no. Non chiedete: "Vuoi vedere la tv?" ma "Cosa vuoi vedere alla tv?". E cogliete ogni appiglio per espandere la risposta ad altre domande e altre risposte.
- Leggete per loro, mostrate loro immagini, la loro capacità di visualizzare resta inalterata e possono trarre gioia e piacere dal vedere e sentire cose belle.
- Cercate di farli arrivare con il ragionamento a un ricordo o a comprendere qualcosa, non chiedere uno sforzo brusco ma accompagnateli per mano, raggiungerete maggiori obiettivi anche se ci metterete più tempo.
- Per aiutarli potete inventare piccoli trucchi, come lasciare un oggetto in una posizione strategica, scrivere cartelli o biglietti, e anche se il malato all’inizio si arrabbia e rifiuta questi espedienti insistete: lo stimolo è la forza più grande per combattere l’isolamento del malato.
- Voi dovete aiutare il malato, non proteggerlo o insegnargli qualcosa, e l’aiuto più grande che potete dargli è cercare di mantenerlo autonomo il più possibile, stimolarlo e mantenerlo in contatto col mondo.